Leader del settore caseario, il caseificio Sabelli vanta una storia quasi centenaria iniziata nel 1921. Una storia legata al nome di una famiglia da quattro generazioni, ma anche ad un territorio che nel tempo si è andato via via ampliando fino a coprire una parte molto ampia del Paese.
Con lo sguardo rivolto anche al resto del mondo, dove i prodotti sono molto richiesti, quella di Sabelli è una storia di qualità e successi, come ci racconta uno degli Amministratori Delegati, Angelo Galeati.
In quasi 100 anni di storia, dopo 4 generazioni, siete passati dall’essere una piccola azienda familiare a grande Gruppo. Come ci siete riusciti? Quali sono state le scelte aziendali che hanno portato a questa evoluzione?
«La data che abbiamo identificato come momento della nascita dell’azienda è il 1921 quando il mio bisnonno, in Molise, aprì la sua prima latteria dove raccoglieva il latte della zona e lo trasformava in mozzarella fior di latte. Mio nonno, poi, che aiutava il papà nell’attività, iniziò a vendere le mozzarelle in treno in giro per il Sud Italia. L’azienda, però, iniziò a crescere intorno agli anni Sessanta, beneficiando anche del boom economico di quegli anni e del trasferimento dal Molise alle Marche riuscendo ad affermare i prodotti anche su piazze dove non si conoscevano. Così Sabelli si è gradualmente strutturata, dapprima in piccoli laboratori fino ad arrivare, nel 1977, allo stabilimento dove siamo ora. Quando sono arrivato a lavorare in azienda, circa 10 anni fa, il fatturato era pressappoco 29 milioni di euro, oggi circa 70. Per di più dall’anno scorso con le acquisizioni di altre due aziende – che insieme fanno altri 52 milioni di euro – il Gruppo può contare su più di 120 milioni di euro di fatturato consolidato. Posso senz’altro dire che quello che ci ha sempre contraddistinto, anche in virtù di una crescita costante, è stato il forte legame con il territorio e un’attenzione spasmodica per la qualità su tutti i fronti, non solo quelle organolettiche ma anche per il packaging fino ad arrivare ai servizi di logistica».
Scegliere la qualità quindi ripaga, secondo la vostra esperienza?
«In termini di volumi sicuramente no, in termini di margini sì. Nel senso che si riesce ad avere un livello di Premium Price se la qualità del prodotto rispecchia quello che è il suo posizionamento. Questo per quanto riguarda la mozzarella, mentre per i prodotti più giovani come le burrate, il prodotto risponde a logiche “più frizzanti” e quindi si riesce a posizionarlo a prezzi più alti perché la qualità percepita è molto elevata».
Quali sono i settori di riferimento del Gruppo?
«Oggi il Gruppo è formato da una parte produttiva con i tre stabilimenti: il caseificio Sabelli, lo storico, più le due acquisizioni una in provincia di Treviso e una in Slovenia. Inoltre, nel 1984 era nata Sabelli Distribuzione che è la prima commerciale del Gruppo e oggi fattura 15 milioni di euro con 30 dipendenti e 50 agenti. Copre un territorio che va da Ancona a Pescara, passando per L’Aquila e Rieti occupandosi di tutto il servizio Fresco-Freschissimo nei supermercati e nelle pizzerie distribuendo, oltre ai prodotti a marchio Sabelli, tutta una serie di altri prodotti del settore. Successivamente abbiamo acquisito la Sa.Ca. di Roma, un’altra azienda che fattura 16 milioni di euro che svolge lo stesso lavoro ma nel Lazio».
Nei tre caseifici quanti dipendenti avete?
«In totale siamo 280 di cui la maggior parte si concentrano ad Ascoli (circa 200), 50 su Resana in provincia di Treviso e altri 30 in Slovenia».
Dal Molise alle Marche, poi il Lazio e l’Abruzzo. Il territorio delle vostre origini è molto ampio, quanto è forte il legame con questa parte del Paese?
«Il legame è molto forte, sia perché la mia famiglia è qui dagli anni Cinquanta, sia perché in termini industriali Sabelli è sempre stata legata alle forniture di latte della zona. Una raccolta molto importante tant’è vero che il primo brand ideato da mio nonno intorno agli anni Sessanta fu proprio “Gran Sasso” perché lui raccoglieva la maggior parte del latte proprio all’ombra dell’omonimo Monte. Inoltre Sabelli oggi, anche in relazione all’imminente entrata in vigore del decreto sull’origine dei prodotti alimentari caseari, ha fatto la scelta di utilizzare tutta materia prima made in Italy».
In quest’ottica l’acquisizione di Trevisanalat è un punto di arrivo o un nuovo punto di partenza per il Gruppo?
«A noi piace pensarlo come un nuovo punto di partenza nel senso che abbiamo allargato la base produttiva per quanto riguarda la mozzarella. Da qui possiamo valutare nuovi interessi, stando sempre attenti al mercato e pensando che il modello acquisitivo oggi, sui mercati maturi, è uno dei più efficaci metodi per far crescere il fatturato».
Il posizionamento geografico di Trevisanalat può essere anche un volano verso i mercati europei?
«In termini logistici Sabelli soffre la posizione nel Centro Italia, perché la maggior parte del latte e le grandi catene distributive sono al Nord. Però con l’acquisizione di Trevisanalat si è spostato il baricentro di tutta l’azienda perché, anche grazie al nostro caseificio in Slovenia, si apre per noi una porta verso il Nord e l’Est Europa».
Siete il secondo produttore italiano di mozzarella e avete un’offerta di prodotti molto ampia nel segmento Fresco, ma avete anche una spiccata vocazione internazionale. In quali mercati siete presenti?
«Oggi, senza dubbio, i mercati di maggior richiamo per noi sono la Francia e l’Inghilterra, ma stiamo sviluppando il business anche nell’Europa Centrale, soprattutto Germania e Austria, dove già sfioriamo il milione di euro. Quindi diciamo che tutto il mercato Ue è abbondantemente coperto. Su Dubai abbiamo esportato diversi quintali di burrata, anche se in questo momento siamo fermi per l’eccessiva burocratizzazione nella gestione logistica. Comunque, in termini di fatturato abbiamo raggiunto all’estero circa 9 milioni di euro».
In questo contesto la volontà di Trump di aumentare i dazi per i prodotti made in Italy, pensate che possa coinvolgere anche la vostra produzione?
«Purtroppo sì. Ovviamente lo stile conservativo della politica estera di Trump sicuramente andrà a danneggiare quello che è l’export italiano verso gli Stati Uniti, comunque sia bisognerà sempre pensare che il nostro prodotto venduto all’estero è considerato di lusso, quindi chi lo ha comprato fino ad ora poi lo continuerà a comprare anche se costerà un po’ di più a causa delle tasse».
In questa prospettiva verso l’internazionalizzazione, quanto è stato importante l’inserimento del vostro Gruppo nel progetto Elite di Borsa Italiana?
«Elite è un percorso formativo strutturale che porta le aziende a comportarsi e ad attuare stili di management salutari. Quindi, in termini di aiuto alla crescita, è di aiuto in quanto obbliga l’azienda a lavorare in maniera managerializzata e per obiettivi. Quindi, se l’obiettivo è quello della crescita dei ricavi e l’internazionalizzazione è il primo strumento per raggiungerlo, è ovvio che poi bisognerà investire e ragionare in tal senso e quindi strutturarsi, trovare persone, cercare mercati e quant’altro».
Invece quanto è importante il rapporto con Euler Hermes per valutate l’affidabilità di nuovi clienti e fornitori? E per quanto riguarda la sicurezza del credito e il rischio sempre più attuale dei mancati pagamenti?
«Ci avvaliamo del loro supporto in entrambi i casi perché nelle piattaforme nelle quali operiamo abbiamo un’assicurazione sul credito. Sabelli, due volte l’anno, viene intervistata da un analista per verificare sia l’andamento, sia l’esposizione. In quelle occasione, spesso, chiedo anche informazioni su clienti o fornitori di mio interesse perché Euler Hermes ha sempre il polso della situazione ed è molto puntuale nel fornire informazioni su qualunque azienda si trovi sul mercato, sia in Italia che all’estero».
Per quale motivo avete sentito l’esigenza di affidarvi ad un partner come Euler Hermes?
«Collaboriamo da due anni. Siamo cambiati noi ed è cambiato il mercato e, avendo una mole di clienti elevatissima, abbiamo sentito la necessità di tutelarci. Quindi avere l’assicurazione è un paracadute che permette di avere da una parte un costo fisso, ma dall’altra la garanzia del credito. Per quanto riguarda l’analisi dell’affidamento dei clienti, invece, ovviamente allargandoci e internazionalizzandoci, l’azienda perde un po’ quella che è la percezione del mercato e delle condizioni che ci sono, quindi avere un partner esterno che dia un’indicazione è una cosa molto preziosa».
Fonte: http://www.ehijournal.it/articoli/leimprese/sabelli-100-anni-di-food-340