di Luca Capponi
(foto e video di Andrea Vagnoni)
Non era presente fisicamente, a causa degli inevitabili acciacchi che un’età (e verrebbe da dire una vita) come la sua portano inevitabilmente in dote. Eppure lo spirito di Archimede Sabelli, 95 anni stampati parola su parola nel bel libro “Con il latte nelle vene” (Capponi Editore), ha pervaso in tutto e per tutto il gremito auditorium “Neroni”. Proprio lì, nel pomeriggio di venerdì 13 aprile, si è svolta la presentazione ufficiale del volume che ne narra le gesta, alla presenza dei tanti, tantissimi, che oltre a volergli bene gli riconoscono la paternità di un piccolo grande miracolo italiano: aver creato, partendo da meno di zero, un vero impero economico, quella che oggi è una delle aziende leader nel settore dei latticini.
Condotta col solito piglio da Massimiliano Ossini, la serata è scivolata via tra commozione, quella dei familiari e soprattutto dei dipendenti storici della Sabelli, aneddoti, ricordi e un pizzico di orgoglio da parte di chi con Archimede ha condiviso pezzi di vita.
«Un colosso», «Uno che non stava mai fermo», «Uno che ne sapeva troppe più del diavolo», «Un bel tipo», «Un uomo di grande onestà, a cui dobbiamo molto», sono solo alcune delle definizioni con cui è stato ricordato colui il quale, partendo da Bojano (Molise) ha girato mezza Italia, da Milano a Ferrara passando per Fermo e, infine, Ascoli (da San Filippo a Monticelli fino all’attuale stabilimento nella zona industriale), sempre come una specie di “rabdomante” del latte, con la bicicletta o con il suo CM 250 rosso, mettendoci in un mezzo tante sofferenze, perdite affettive, stenti e una guerra che avrebbero piegato chiunque. Non lui, però, che dalla vita ha sempre tratto preziosi insegnamenti. Anche dagli errori. «Solo facendo si sbaglia e, sbagliando, si cresce», d’altronde, è la frase che chiude il libro.
In sala, ad applaudirlo nonostante l’assenza, il gotha dell’imprenditoria picena, autorità civili e religiose (c’era pure il vescovo Giovanni D’Ercole), esponenti delle forze dell’ordine e, soprattutto, gente comune, i suoi allevatori, i suoi fedeli operai, i nipoti che ne hanno raccolto il testimone (Angelo Galeati e Simone Mariani) tutti col sorriso in viso e una parola buona per Archimede. L’uomo che col suo “Eureka” scoprì come trasformare una passione divorante nel sogno di una vita.